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AIUTO

di Erri De Luca

 

 

"Hai bisogno di aiuto?"

"Di uno che mi uccide"

Alla risposta fermo tutto.

Mi fermo, non pesa lo zaino leggero di una giornata in giro per cime senza corda e ferraglia da scalata.

Non mi accosto ancora, mi volto e ripeto: "Di uno che l' uccide. Di uno che l'ama fa lo stesso?"

Una che risponde buffa e agra ha bisogno di uno spudorato.

"No di uno che mi uccide. Un assassino si trova, un uomo no". Questa è rivolta al genere maschile e a me che sono il solo nei paraggi. "Sono un assassino. Ho con me un buon coltello, se vuole ci appartiamo e la sgozzo."

Abbassa gli occhi dalla faccia alle mani per cercare conferma.

"Gratis?"

"Si ."

"Generoso."

"Siamo in montagna, c'è più solidarietà che in fondo valle."

Finalmente sbuffa un sorriso e poi in lacrime.

Mi tolgo lo zaino, mi siedo a terra un metro vicino, faccio un bel respiro forte, equivoco, tra la comprensione e la scocciatura.

Smette, dice grazie.

"Di che?"

"Di non aver detto niente, chiesto niente."

"Venga in montagna con me, le passa tutto."

"Non così in fretta." dice per intendere che vado troppo svelto in confidenza. Fingo di capire al rovescio: "Garantito: le passa tutto proprio cosi in fretta". Mi guarda a sopraciglia infuriate. Perciò insisto: "Lei domani sera sarà cosi piena di Alpi nelle ossa, da i piedi ai capelli, da dormire il corpo cuore compreso".Non reagisce. Le dico il mio nome. Reagisce: "Un imprudenza per un assassino".

"Se è il mio, si." Non le do tempo e chiudo: "Sto al rifugio del passo Duran, domani alle sette m' incammino per fare il giro delle cime della Moiazza. Se non trova nessuno prima, io l'aiuterò". Mi alzo tiro lo zaino sulle spalle e proseguo.

 

 

Si cala in testa il casco senza una mossa di riassetto dei capelli. L' attacco della ferrata è brusco. Si parte con un traverso in salita poco aiutato da appoggi per I piedi. Inizio io così vede I primi metri.

Prova, non riesce, scivola, resta appesa.

"Non ce la faccio, non riesco neppure a partire. Lasciami qui, vai tu."

"Senza di te oggi non vado per cime. Ti aiuto a partire. In alto il seguito è più facile." Scendo. Mi metto dietro a lei, le copro il vuoto e la sostengo scaricandole il peso. Subito impara a puntare bene I piedi e a guadagnare metri. Sulla parete formiamo la compatta figura dello scarabeo. Lei si attacca con le mani al cavo di acciaio e io la raddoppio dietro .Con andatura a otto zampe superiamo il tratto e lo scoraggiamento. Lei si appoggia parecchio addosso a me. Sudo, sbuffo, funziona. "stai comodo?" chiede per scherzo.

"No, ma tra poco finisce il traverso."

"Peccato, mi sto divertendo, mi sembra di non portare peso."

“È bravo il nostro bruco, " dice. È bravo, è appena nato e già sa dove andare. Nessuno di noi che potrà diventare farfalla. È  certo che pensa anche lei alla battuta, ma se la tiene. Restiamo un bravo bruco, questo serve adesso.

 

" Grazie" dice.

Per risposta la guardo.

"Non ero mai salita su una cima scalando."

Quante cose posso dire, anche soffiare sulla gratitudine che sta nelle stanchezze pulite, quante cose per avvicinarmi.

Nessuna passa, resto a mani chiuse, abbasso gli occhi. Lei si alza, mi posa un bacio sulla testa reggendola tra le mani, "Buonanotte," dice.

Il giorno dopo parto al primo chiaro, cambio valico e valle in cerca di un' altra salita a quattro zampe. Le lascio un biglietto: "Non lavare le tue tre magliette sudate. Buttale, è acqua passata".

E ora scrivo. Al posto di qualunque altra cosa possibile ho per rimpiazzo e avanzo la scrittura. Che fesso.

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